Un ultimo ritocco. Sono
molto stanco e gli occhi mi bruciano. Però quella mano: ancora
non mi convince. La voglio più conforme al carattere di quel
gran personaggio che è il dottor Cruijff: interrogante, ma
senza asprezze, con misura, anche ironica.
Una mano ironica? Si!
Se dialoga con lo sguardo. Non è forse questo il gran teatro
della pittura, al quale tutti noi miriamo?
Il finestrone, che ho
fatto aprire sopra la parete, mi permette di lavorare finché
c'è luce. E' il tramonto e la luce, timidamente soffusa, si
ritrae dalla tela, ancora vitale ma senza inquietarne la vita.
Arretro, per coglierne
l'effetto d'insieme.
Il cadavere, allungato
sulla tavola, appare correttamente illuminato e com'è giusto
al centro della scena. Lo circondano, alcuni dei quali piegati su
quella carne morta, i chirurghi. Frontale e diritto, con il morto
davanti, il dottor Tulp, l’altro protagonista.
Il braccio destro del
cadavere è rigidamente allineato al corpo, la sua pesantezza
ghiacciata si schiaccia contro il tavolato, scolpita nel bianco
spettrale del fianco e del ventre. E' nudo, solo uno straccio ne
ricopre il sesso. Il braccio sinistro, appena dissezionato, spicca,
come la zampa scarnificata di un grosso, anonimo, animale ed esibisce
un reticolo venato rossomarmoreo.
Il dottor Tulp, con la
forbice"bisturi nella mano destra, indica una scura stretta
cavità, appena al di sotto del muscolo del braccio e
illustra, calmo e preciso, il meccanismo dei tendini, il modo, con il
quale dal braccio sollecitano il movimento della mano.
Mima quei movimenti, le
dita leggermente piegate all'interno, la sua mano sinistra, che
sospesa sul cadavere, appare quasi benedicente.
Il volto del dottore,
in piena luce, fissa gli interlocutori di fronte, oltre il cadavere:
i dottori Jansen e Suurbier. Questi ultimi, ascoltano attenti, ma
dai loro visi traspare un vago scetticismo, soprattutto
in Suurbier, abile
chirurgo, il più anziano tra i presenti. Mi è stato
raccontato che nutre qualche dubbio sul progressi tecnici della
chirurgia anatomica. Ecco perché il dottor Tulp si rivolge a
lui.
Il dottor Jansen,
allievo di Suurbier, confronta attentamente, la tecnica del dottor
Tulp, con il procedimento, illustrato nel volume del grande Vesalio,
( il primo, come mi ha raccontato Cruijff, a dissezionare la mano,
evitando il rischio della recisione dei tendini), parzialmente
illuminato e aperto oltre i piedi del cadavere. L'effetto d'ombra,
che dal volume sale a ricoprire i piedi e le gambe, fin sopra le
ginocchia, mi pare realizzi un efficiente contrasto, tra quel che
interessa gli scienziati e ciò che di quel corpo, in quel
momento, considerano irrilevante.
Tulp indossa il
minuscolo colletto da viaggio e il cappello, a differenza degli altri
chirurghi, tutti a capo scoperto e con le grandi gorgiere, sulle
quali galleggiano, sospese per aria, ma geometricamente ordinate, le
esimie teste. A parte che dipingere abiti, fin nei dettagli più
insignificanti, mi dà un piacere particolare, ma questa
maniera di raffigurare il dottore, conferisce, all'uomo di scienza,
la dovuta autorevolezza, senza insuperbirne la figura, com'è
del resto proprietà del suo carattere.
Ho grande stima del
dottor Nicolaes Tulp. Pur considerato il “Vesalio di
Amsterdam”, è modesto e pratica la scienza con rigore,
ma senza la famelica cupidigia dei fanatici. Ha anche scritto un
trattato sugli effetti benefici della bevanda del te.
Somiglia, in questo, al
dottor Cruijff, che ho collocato alle spalle della “setta dei
fanatici”, come lui li chiama, nell'ombra quell'accenno di
sorriso ironico, che non l'abbandona mai, anche quando parla di
scienza.
Siamo amici. Ci
troviamo spesso alla taverna Mauritshuis, con Cocq, un ufficialetto
della milizia, gran puttaniere.
Mi scandalizza, non
poco, quello spilungone. Racconta, spesso, le sue implacabili razzie,
chissà se vere o inventate, tra le fanciulle, senza disdegnare
le madri, delle buone famiglie borghesi di Amsterdam.
Invano Cruijff, gli
raccomanda prudenza:
" Perché
devi sapere, che le dame, della nostra bella città, hanno una
compagna assai ciarliera, attenta testimone dei loro costumi
disinvolti e licenziosi; il suo nome: sifilide. "
Cocq sbuffa, come un guerriero sconsigliato dal compiere
eroica impresa. " Non
mi spaventi. In amore e in guerra, la vittoria esige del rischio,
senza il quale non c'è ne gloria, ne piacere. "
Però l'altra
sera, alla taverna, una ragazzotta ha aggredito Cocq. Gli si è
buttata addosso, ricoprendolo d'una cascata d' improperi, tanto
violenti quanto confusi. Tra il frastuono scoppiettante di questi,
un'unica cosa si riuscì a percepire: una promessa, non
onorata, di matrimonio.
Poi la ragazza, balzata
sulla tavola, è esplosa in una danza sfrenata. Il bello è,
che per irridere Cocq scrollava i fianchi sopra il suo naso levato
all'insù. Intrappolato nella cinta, un gallo dal collo
spezzato, ballava con lei.
" Eccolo qui,
l'arduo territorio di caccia del nostro ardimentoso galletto. "
Cruijff, ovviamente,
non perse l'occasione per ridicolizzarlo:
" Altro che gran
dame! Cameriere e servotte: queste si, realmente pericolose. A certi
galli ritti di cresta e di becco forbito, queste fanno una gran
festa! "
Il dottor Cruijff è
molto stimato dai colleghi e sopratutto dai pazienti. Ha una
straordinaria capacità, ironizzando e scherzando, di
attenuare le situazioni più drammatiche, pur svolgendo con
estrema, coscienziosa, serietà il suo lavoro.
E' lui, che per conto
della gilda dei chirurghi, mi ha commissionato questa tela.
" Celebrerà il dottor
Nicolaes Tulp, mentre svolge la sua innovativa lezione di anatomia.
"
E alle mie obiezioni,
riguardo la mia capacità di ritrarre insieme tutte queste
persone, così importanti, aveva replicato:
" Non ti
preoccupare. La differenza tra noi e i macellai è grande ed è
tutta in loro favore. Loro, da un bue squartato, sanno ricavare
filetti, regolari ed uguali nella forma e nel peso. Mentre noi
tagliamo e scuoiamo, senza eccessive preoccupazioni per il risultato
finale. "
Correggo la mano
destra di Cruijff: leggermente alzata, ad indicare con grande misura
il libro. Il suo sguardo lascia presagire il motto lieve e pungente,
in procinto di rotolare sopra le teste predisposte ai facili
entusiasmi dei dottori Hann, Jongbloed e Rep.
Ho ritratto, questi
eminentissimi chirurghi, con le facce in piena luce, disposte a
triangolo, in grande tensione, perché predate da una passione
esaltata e cocciuta.
Il più fanatico
è il dottor Hann, quasi spinge il naso dentro la carne
squarciata del braccio, nel punto indicato dal bisturi del dottor
Tulp. Ma anche i dottori, Jongbloed e Rep, non gli sono da meno.
Questi tre e il dottor Kroll, che si protende al loro fianco, si
piegano sul cadavere, come uccelli famelici, impazienti di divorarlo
per saziare la loro fame di scienza.
Non sono, ancora, del
tutto soddisfatto.
Ad esempio il fiocco,
sotto il colletto di Tulp, mi pare privo della leggerezza tipica di
un ornamento come quello. Ma ormai il buio ha preso il sopravvento,
devo giocoforza interrompere il lavoro; quel che è fatto, è
fatto. L'indomani verranno a ritirare la tela. Meglio così!
Non finirei mai di ritoccarla. Come rammenta spesso Lievens,
l'ossessione del particolare mi domina, rischiando a volte di
annientarmi.
Accendo una candela. La
luce serpeggiante della fiamma crea, sulla tela, ombre balzellanti.
Questo fenomeno mi
comunica la solita frustrazione. Ci torturiamo, occhi, mano e anima,
per creare sulla tela gli effetti di luce più intensi e
vitali, che meglio s'adattano alla scena che vogliamo rappresentare,
quando neppure sappiamo in quali condizioni l'opera verrà
esposta. Finirà, come tante altre, in una cantina buia, o in
qualche corridoio male illuminato e sarà impossibile trarne il
godimento che la mia fatica vi ha impresso.
Un secco scricchiolio,
proveniente dal cavalletto, mi fa sobbalzare. Speriamo non stia per
cedere qualche giunto di sostegno. Sarebbe un bel guaio: la tela è
molto grande.
Effettuo un controllo
accurato, malgrado le oscillazioni della fiamma, rendano l'operazione
parecchio difficoltosa. Per fortuna, tutto è a posto: i giunti
sono ben stretti e la tela saldamente agganciata al cavalletto.
Riporto davanti la
fiamma, che prende a danzare sopra un volto che lì non
dovrebbe stare.
Ha gli occhi chiusi, ma
sono sicuro, che sotto quelle palpebre pesanti, mi sta osservando. La
luce corre tra le pieghe del corpo nudo. E' seduto, solo uno
straccio gli copre il pube.
D'un tratto si piega
verso di me, come volesse uscire dalla tela.
Balzo all'indietro.
Anche senza toccarla, avverto la compattezza di quella carne, diaccia
e pesante, che si protende in avanti, ributtante.
Solleva il braccio
squarciato:
" E' questo il
modo di trattare un povero morto. "
Sibila e quel soffio
gelato quasi spegne la candela.
Terrorizzato, fatico a
realizzare quel che viene accadendo.
" Parlo a te,
signor “pittore”. ", continua quel sibilo rauco, "
Un po' di rispetto, non guasterebbe. Va bene che uno è morto,
ma non per questo, un goccio, non dico tanto, almeno un goccetto di
cristiana pietà non gli andrebbe negato. "
Nel titolo di
“pittore” avverto un'accentuazione ironica, che malgrado
la mia paura, m'infastidisce non poco. Però mi ritrovo a
balbettare frasi sconnesse, qualcosa forse somigliante a delle
ridicole scuse.
Il cadavere intanto si
stropiccia energicamente la barba, con la mano sana. Come a volersi
accertare che questa sia ancora, intatta e al suo posto.
" Si rimetta giù.
" Sussurra, cortese e discreta, una voce gentile.
Intravedo la falda del
cappello del dottor Tulp e il suo viso, parzialmente coperti dalle
spalle del cadavere.
Il dottore picchietta
le dita, dolcemente, come si fa con un malato capriccioso, sulle
spalle del morto.
Percepisco il marmo
gelato di quella carne morta sotto i miei polpastrelli.
Rabbrividisco!
" Per favore! La
lezione non è finita. " Insiste il dottor Tulp.
" Va bene! Se si
chiede per favore, Wilhelmus obbedisce. Wilhelmus è educato!
Da vivo era parecchio coscienzioso verso i suoi doveri. Potete
chiederlo a chiunque lo conosceva, al suo amico Louys per esempio.
Nessuno sapeva condurre, tra i canali di Amsterdam, la chiatta, con
la perizia di Wilhelmus. Qui però si trova da morto e non è
sicuro di quel che gli tocca, o non gli tocca. "
Il soffio gelido di quella voce , pare riscaldasi nella riprovazione
di una palese, subita, ingiustizia.
" Dove sta scritto che
deve star qui a farsi tagliuzzare e ridurre ad un ammasso
sanguinolento, invece che smaltire la sbornia del trapasso in una
comoda fossa. "
" Si sbrighi !
Obbedisca al dottore e non ci faccia perdere altro tempo! "
Ad inalberarsi è
il dottor Hann. Irritatissimo, nel constatare come l'oggetto, della
sua scientifica curiosità, si sottragga ai compiti ai quali
era, istituzionalmente, preposto.
Gli dà man forte
il dottor Jongbloed:
" Mai si è
visto un morto, comportarsi in questo costume, così poco
naturale. "
" Finirà, "
aggiunge il dottor Rep, raddrizzando la schiena, di modo che per il
mio diletto odo canticchiare le sue ossa, – che saremo
obbligati, per il progresso della scienza, a sezionare le brave
persone, i morti perbene."
Protesta anche il
dottor Kroll, a cui il libro, che tiene aperto tra le mani, sfugge e
piomba a terra, con un gran fracasso del pavimento, non so se del
quadro o dello studio.
E' una confusione
incredibile. Il quadro si sta sfacendo sotto i miei occhi.
" Non ti
preoccupare, è il frutto della tua immaginazione. –
Prova a rassicurarmi Cruijff.
Sarà. Ma
immagino che lui stesso faccia parte di questa mia fantasia.
Intanto temo, che da un
momento all'altro, tutte quelle figure, che mi sono costate una
terribile fatica, in certi momenti il pennello mi aveva letteralmente
bruciato il palmo della mano. Tutte queste figure, temo abbandonino
il quadro, escano dallo studio e fuggano per le vie di Amsterdam.
" Non succederà
mai. " Mi tranquillizza nuovamente il dottor Cruijff.
" Una barriera
insuperabile si frappone tra la realtà e le copie prodotte
dall'arte. "
" Parla per te,
dottore. " Il cadavere ritorna a protestare.
" Wilhelmus è
vero, quant’è vero il mio braccio, che avete ridotto
come uno spezzatino. Non le pare di avere esagerato, dottore?."
La domanda è
rivolta a Tulp, il quale, al contrario del dottor Hann, è
assai comprensivo verso quel morto.
" Vede caro
signore, " spiega con tono conciliante, " abbiamo avuto il
permesso di utilizzare il suo corpo dal gran Capitano di Giustizia.
D’altra pare, come lei ben sa, non le appartiene più.
E’ facoltà del Tribunale Esecutivo disporre a proprio
piacimento dei giustiziati. E quella benemerita istituzione ha deciso
di consegnarlo alla Scienza. "
" Dovrebbe
ringraziare e sentirsi onorato per questo, " aggiunge sibillino
Hann, " invece di piantar grane. Visto il cattivo uso che ne ha
fatto. Riempirlo di birra come un otre bucato, e poi sperperarne le
virtù con donne di malaffare. Finché, per non pagarla,
ne ha accoltellata una. "
" Un incidente. La signora voleva più di quanto pattuito. S'è
buttata sul coltello di Wilhelmus, per rubarlo. Malauguratamente, ci
è scivolata sopra. Chiedete a Louys, si trovava nella stanza
accanto. "
" Non credo il tuo amico possa rispondere, "
puntualizza Hann, senza celare la sua soddisfatta approvazione, "
dato che il giudice gli ha fatto troncare la lingua, per falsa
testimonianza. ".
" Oh Poveretto! "
Wilhelmus sembra visibilmente dispiaciuto.
" Gli piaceva
tanto cantare. Sapete? Veri poemi d'amore all'amata, che si bagnava
sotto la luna, nel piscio dei canali di Amsterdam. Quante sbronze
insieme. Ed ora muto! Muto per sempre! "
S'accascia Wilhelmus,
morto che piange un amico ancora vivo, ma morto nella parola e nel
canto.
" La vita è
una vera schifezza! " La ferale notizia pare averlo
definitivamente abbattuto e rassegnato . " Anche se la morte non
scherza. Basta ! Continui pure professore. "
Con mio grande sollievo
si ridistende.
Quel gesto di umile
sottomissione commuove Hann, che ora si sente in dovere di
consolarlo: " Sia fiero di sé, signor
Wilhelmus. Grazie a questo corpo potremo mettere in luce l'ordine
interno delle sue parti, il funzionamento, oggi ancora misterioso, di
tutti gli organi, il reticolo delle vene e dei nervi. Apriremo lo
stomaco per guardare le interiora, misurarne la lunghezza e come,
l'ultimo cibo, che lei ha inghiottito, è stato assimilato.
Infine ci affacceremo ai bordi aperti del suo cranio. "
" Questo mi
mancava. "
" Ci chineremo
sopra quella meraviglia che è il cervello umano, alla ricerca
del punto esatto in cui la sua anima si saldava ad esso. Il corpo,
questo corpo che è stato suo, darà allo sviluppo della
scienza un contributo importante. Vero dottor Tulp? "
" Ma certamente. "
Approva il dolce e soave dottor Tulp.
" Più che
importante, fondamentale. Io e tutti i miei colleghi le siamo
profondamente grati, signor Wilhelmus, per la sua preziosa
collaborazione. "
" Grazie professore, proceda nella dissezione,
ma faccia presto. Il tavolaccio è duro e stancante, anche per
uno morto. "
Nella
luce incerta della candela, mi pare di scorgere una lacrima di
commozione brillare sul viso del signor Wilhelmus, che intanto va
nuovamente irrigidendosi. Spero non ne rimanga una traccia troppo
profonda in quel colore i cui strati ho faticosamente lavorato fino ad
ottenere la realistica immobilità di un volto cadaverico.
Un ultimo affannato e
pesante sussurro vibra nello studio:
" Mi
raccomando la barba, solo una ... spuntatina. "
Svapora il respiro
nell'aria, come un onda che arrivata stremata presso la spiaggia,
svanisce nella sabbia, testimoniando che Wilhelmus è tornato a
morire, forse definitivamente.
Spengo la candela ed
esco.
M'incammino per il viale deserto, è
maggio e la notte di Amsterdam, ancora pungente, č piena del canto di un ubriaco
sotto la luna.
Saskia starà sicuramente dormendo.
Voglio farle un
ritratto con il cappello orlato di rosso e uno sbuffo di piume
bianche. Abbigliata da una ricca veste rinascimentale e con le mani incrociate sul
petto, a trattenere il mantello. Adoro le sue mani. Adoro il suo
collo abbondante e quella protuberanza che ha sotto il mento. Tutto
il suo viso è grassoccio, irregolare ed ampio, non bello per
gli Accademici (quegli imbecilli), bellissimo secondo me. Su quel
viso, con il mio aiuto, la luce dipingerà le verità del
mondo.
Perché io sono Rembrandt, il servo della luce, pittore ed incisore di Leida, d'Amsterdam e
d'Europa.